L’intelligenza Artificiale: l’evoluzione nel tempo
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L’intelligenza Artificiale: l’evoluzione nel tempo

L’intelligenza artificiale, chiamata anche con l’acronimo AI (Artificial Intelligence), nasce nel 1956.

Durante il seminario estivo tenutosi presso il Dartmouth College di Hanover nel New Hampshire, la comunità scientifica ha stabilito in quell’anno l’ufficializzazione della materia d’interesse. 

Essa è una branca dell’informatica e, ad oggi, viene sempre più utilizzata nella nostra quotidianità. 

L’obiettivo che ha portato allo sviluppo di tale materia è la volontà di poter avere un sistema informatico con capacità umane qualitativamente simili, ma quantitativamente più performanti. 

Un esempio comune di AI può essere il dispositivo Alexa e/o Siri, che ci restituiscono informazioni precise, analizzando una grande quantità di dati in brevi secondi. 

Tale azione è impensabile per il cervello umano, perché manca di tutte le soluzioni possibili.

L’AI, inoltre, ha la capacità di percepire, di agire, di apprendere come un essere umano. Nonostante questo, non deve essere considerata come una minaccia, quanto piuttosto come un’estensione delle nostre capacità.

Quanti livelli di Artificial Intelligence esistono?

Ad oggi, possiamo parlare di tre livelli di Intelligenza Artificiale:

  • Artificial Narrow Intelligence (ANI)

Essa fa riferimento ad un tipo di intelligenza capace di personalizzare le risposte in base alla persona che ci interagisce. Un esempio sono le ChatBot e gli algoritmi di apprendimento che individuano i nostri bisogni e ci suggeriscono acquisti mentre stiamo navigando su una pagina internet.

  • Artificial General Intelligence (AGI)

Essa è un tipo di intelligenza ancora non ben sviluppata, ma nasce con l’obiettivo di essere capace di replicare il comportamento umano e di riconoscere i bisogni psichici dell’uomo che interagisce con l’AI.

  • Artificial Super Intelligence (ASI)

Quest’ultima, come si può intuire dal nome, è un tipo di intelligenza pensata per essere superiore alle capacità umane. Essa sarà in grado di risolvere problemi laddove la mente umana non riesce ad arrivare.

L’Intelligenza Artificiale come supporto dell’uomo

Come dicevamo più su nell’articolo, l’Intelligenza Artificiale non è nostra nemica, anzi essa è stata pensata per essere utile all’uomo. Un esempio in questo senso sono le Machine Learning e le Deep Learning.

Le Machine Learning sono un tipo di macchina pensata per permettere un apprendimento automatico, che avviene ogni qualvolta la macchina riceve nuove informazioni dall’ambiente circostante. 

Gli algoritmi di Machine Learning sono capaci di imparare dai propri errori e sono in grado di introdurre nel loro database una modalità di risposta che prima non c’era.

In questo modo, si comporta come un vero essere umano.

Esistono, inoltre, tre tipi di apprendimento per la Machine Learning

  • apprendimento supervisionato, che consiste in un tipo di macchina le cui risposte sono già state inserite nel software;
  • apprendimento non supervisionato, che consiste in una macchina in cui sono inseriti i dati ma non sono lineari, così il modello deve trovare autonomamente la risposta esatta per il problema presentato;
  • apprendimento con rinforzo, che consiste in un modello progettato per raggiungere gli obiettivi, ma che deve apprendere dall’ambiente circostante attraverso rinforzi positivi e negativi.

La Deep Learning nasce dall’apprendimento automatico e si sviluppa tenendo conto di ciò che succede nel cervello umano: un insieme di reti neurali profonde si interconnettono per portare ad un apprendimento analitico di informazioni. Considerata come un tipo di apprendimento approfondito, grazie all’utilizzo delle tante interconnessioni neurali che si nascondono all’interno di queste macchine.

Lo sviluppo della Deep Learning è di fondamentale importanza per diversi ambiti lavorativi e per l’evoluzione digitale che il mondo sta intraprendendo.

Essa, infatti, si ritrova all’interno di:

  • automobili con guida autonoma;
  • sistemi con riconoscimento facciale;
  • sistemi che riconoscono frodi;
  • analisi delle immagini mediche;
  • riconoscimento in fabbrica di quante persone si trovano in una stanza prima di attivare una macchina.

Chat GPT: sostituirà davvero figure professionali che lavorano in ambito marketing e comunicazione?

Abbiamo fatto una sintesi di quella che è l’Intelligenza Artificiale, del suo uso positivo nella nostra quotidianità e dell’importanza che ha il suo sviluppo futuro per ogni essere umano. 

Ma veniamo al nocciolo della questione affrontata a cavallo della fine del vecchio anno e l’inizio del nuovo: Chat GPT.

Nasce dall’idea del CEO dell’azienda OpenAI, Sam Altman, ed ha riscosso grande interesse, perché  capace di creare un testo di senso sulla base di alcune informazioni (prompt) che riceve dall’esterno.

Si è iniziato a pensare e a “scherzare” sul fatto che molte figure professionali che lavorano con la scrittura e la comunicazione, più in generale, possano in futuro perdere il lavoro, perché sostituite da questo tipo di Intelligenza Artificiale.

Ma, pur essendo un grande upgrade della semplice chatbot, questa resta comunque un’Intelligenza Artificiale e come tale ha bisogno di un interlocutore umano che gli fornisca delle domande pertinenti, affinché essa possa essere in grado di sviluppare un discorso di senso compiuto.

Non da meno, presenta un grande limite: non è in grado di provare emozioni umane, come l’empatia, che limitano il suo linguaggio e, di conseguenza, la sua capacità di trasmettere le stesse emozioni a chi legge.

Non da meno, non ha consapevolezza di ciò che scrive e, per tale motivo, non ha filtri, che invece noi abbiamo e applichiamo a seconda del contesto sociale in cui ci troviamo.

Ripetiamo, quindi, che l’intelligenza artificiale è e deve essere usata come supporto per facilitare il lavoro dell’uomo e non può essere – almeno non lo è ancora – capace di “rubare” il lavoro svolto dall’uomo in prima persona.

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